Bigoli con ragù d’anatra

La ricetta che vi propongo affonda le sue radici nella tradizione contadina di alcune regioni dell’Italia centro settentrionale, in questo caso ho scelto di preparare i “bigoi co l’arna”, cioè quelli veneti, utilizzando un formato di pasta che ho già provato qui.

Si tratta di un ragù in bianco, profumato con un vino del territorio: il Ripasso, che ben si abbina al piatto.

Il Ripasso è un vino Valpolicella che viene letteralmente messo a contatto, per una quindicina di giorni, con le vinacce utilizzate per fare l’Amarone, predisponendolo quindi ad una seconda fermentazione (un ripasso appunto). Il risultato è un vino dalla morbida acidità che accompagna ottimi piatti a base di carne.

Ma torniamo ai bigoli, che preferibilmente devono essere freschi, se non li trovate potete utilizzare delle tagliatelle all’uovo (come usano fare in Toscana). Il petto d’anatra invece va tagliato rigorosamente al coltello ed il sugo che si ottiene è bianco poichè non è previsto l’utilizzo del pomodoro.

Il formaggio Monte Veronese stagionato completa la preparazione, anche se un buon Parmigiano Reggiano (come quello che io ho utilizzato) non preclude assolutamente la riuscita del piatto.

Dosi per 4 persone

400 gr di petto d’anatra
350 gr di bigoli freschi
1 cipolla bianca
1 carota
1 gambo di sedano
2 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva
1 noce di burro
1 bicchiere di vino rosso (Ripasso)
brodo vegetale
sale
Parmigiano Reggiano

Pulire e tritare le verdure, in una casseruola scaldare l’olio con il burro e rosolarle a fuoco dolce.

Nel frattempo preparare un brodo vegetale e tenerlo in caldo.

Togliere la pelle al petto d’anatra e tagliarlo a cubetti abbastanza piccoli, 1 cm. circa.

Quando le verdure sono ben appassite e iniziano a colorirsi, aggiungere la carne e rosolarla a sua volta.

Versare sul tutto in bicchiere di vino e sfumare per qualche minuto, infine coprire col brodo caldo il ragù.

Abbassare la fiamma al minimo, deve sobbollire leggermente, cuocere per un’ora abbondante.

Non succede ma se asciuga troppo aggiungere altro brodo. Assaggiare ed eventualmente aggiustare di sale.

Lessare i bigoli e scolarli versandoli direttamente nella casseruola per una leggera mantecatura.

Impiattare, cospargere di formaggio e servire con un bicchiere di Ripasso. Abbinamenti di-Vini

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Melomakarona

Il Club del 27 anche quest’anno si prepara al Natale sfornando biscotti in quantità.

In particolare ho scelto di preparare i Melomakarona (olive oil & honey cookies, ricetta pubblicata sulla rivista Bake from Scratch Holiday Cookies), deliziosi biscotti al miele, nonchè il dolce natalizio tradizionale in Grecia. Vengono preparati con olio d’oliva per poi essere rifiniti con uno sciroppo al miele arricchito con cannella e arancia ed infine cosparsi di noci tritate.

Mentre li preparo penso agli amici che fanno parte di questo strepitoso Club del 27 intenti sicuramente nella realizzazione dei loro dolcetti prescelti.

Siamo persone che amano provare sempre cose nuove, mettersi alla prova, ma soprattutto cucinare con amore per se ed i propri cari; per questo è a loro che dedico questa dolce ciotola/stellina.

Buone feste a tutti!

La ricetta per preparare 30 biscotti, utilizza come unità di misura la cup (tazza) che corrisponde a 55 gr.

Sciroppo

1 arancia
1 tazza di zucchero di canna
1 bastoncino di cannella
3 chiodi di garofano
1 tazza di miele liquido
1 e 1/2 tazze di acqua

Biscotti

4 tazze di farina
1 cucchiaino di lievito in polvere
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1/4 cucchiaino di sale
1 tazza di olio d’oliva
1/3 di tazza di succo d’arancia
1 tazza di zucchero semolato
2 cucchiai di rum scuro, cognac, o succo d’arancia
scorza grattugiata di 1/2 arancia
1/2 cucchiaino di cannella
1/8 cucchiaino di noce moscata
1/3 di tazza di noci tritate

Iniziamo col preparare lo sciroppo:

tagliare l’arancia a metà e porla in una casseruola insieme allo zucchero di canna, la cannella, i chiodi di garofano e l’acqua. Portare sul fuoco e cuocere a fuoco lento mescolando continuamente, fino a quando lo zucchero di canna non si è sciolto, circa 5 minuti. Spegnere ed aggiungere il miele, lasciate raffreddare. Filtrare lo sciroppo, se non lo utilizzate subito, può essere conservato in un contenitore ermetico in frigorifero per una settimana.

Ora prepariamo i biscotti:

in una ciotola capiente mescolare insieme farina, lievito, bicarbonato di sodio e sale; a parte unire l’olio d’oliva, lo zucchero, il succo d’arancia, il rum, la scorza d’arancia, la cannella e la noce moscata.

Aggiungere ai liquidi gli ingredienti secchi in tre volte, amalgamando bene dopo ogni aggiunta. Sformare l’impasto su una superficie leggermente infarinata; impastare velocemente per renderlo liscio; avvolto nella pellicola, può essere conservato in freezer per un 1 mese.

Preriscaldare il forno a 160° e foderare due teglie con carta forno, usando le mani modellare i biscotti in forma ovale, disporli distanziati, schiacciare leggermente con i rebbi della forchetta la superficie.

Cuocere per circa 20 minuti.

Sfornare i biscotti e tuffarli per 15 secondi, pochi alla volta, nello sciroppo raffreddato. Prelevarli delicatamente e disporli sul piatto da portata, cospargerli di noci tritate.

Si conservano in un contenitore ermetico a temperatura ambiente per 1 settimana o congelati per un 1 mese.

Versione in inglese: Olive oil & honey cookies

honey sirup

1 orange
1 cup brown sugar
1 cinnamon stick
1 cup liquid honey

cookies

4 cups all-purpouse flour
1 tsp baking powder
1/2 tsp baking soda
1/4 tsp salt
1 cup olive oil
1 cup granulated sugar
1/3 cup orange juice
2 tbsp dark rum, cognac or orange juice
grated zest of 1/2 orange
1/2 tsp cinnamon
1/8 tsp nutmeg
1/3 cup chopped walnuts

honey syrup: cut orange in half. Place orange and zest, brown sugar, cinnamon and 1 1/2 cups water in saucepan. Bring to bowl; reduce heat and simmer stirring constantly, until brown sugar has dissolved, about 5 minutes. Remove pan from heat, stir in honey. Let cool; strain mixture discarding orange and cinnamon sticks

(Make-ahead: can be stored in airtight containrer in refrigerator for up to 1 week)

Cookies: in large bowl, stir together flour, baking powder, baking soda and salt.

In separate large bowl wisk togheter olive oil, sugar, orange juice, rum, orange zest, cinnamon and nutmeg. Wisk in dry ingredients in three additions, whisking well  after each addition. Turn out dought onto lightly floured surface; knead just until smooth.

(Make-ahead: dough can be wrapped in plastic wrap and frozen for up to 1 mounth)

Preheat oven to 350 f line two baking sheets whit parchment paper. using hands, shape dough by 1 thip into ovals; arrange 1 inch apart on prepared baking sheets. flatten cookies slightly with times of fork. bake one sheet at a time until cookies are golden brown and crispy about 20 minutes.

Remove cookies from oven and working a few at time immediately place in cooled syryp for 15 seconds. Using slotted spoon remove and place on serving platter, sprinkle with walnut.

(Make-ahead: can be stored in airtight containrer at room temperature for up to 1 week or frozen for up to 1 mounth)

Antipasto cremasco di fichi secchi

La ricetta che vi presento fa parte della tradizione popolare, tramandata a voce, della provincia di Crema.

Si tratta di un antipasto spesso servito da solo prima delle altre portate, praticamente l’antesignano dell’amuse-bouche, cioè quella piccola pietanza offerta all’inizio del pasto.

Secondo me, a dirla tutta, si sposa bene anche a fine pranzo quando si servono i formaggi ed in particolare è delizioso con il salva cremasco.

La preparazione è molto semplice, pochi ingredienti ed una cottura solo un pò prolungata, nulla più.

2 cipolle bianche
12 fichi secchi
1/2 bicchiere di acqua tiepida
1/2 bicchiere di aceto di vino preferibilmente rosso
25 gr. di burro
sale

Versare in una ciotola l’acqua e l’aceto e lasciarvi in ammollo i fichi secchi tagliati a metà.

Sciogliere il burro in una casseruola e versarvi le cipolle tagliate molto finemente. Salarle e rosolarle senza che prendano troppo colore.

Aggiungere i fichi una volta ammollati con un pò dell’acqua e aceto utilizzata per ammorbidirli.

Cuocere a fuoco lento finché le cipolle non diventano molto morbide e caramellate, se necessario bagnarle con altra acqua e aceto.

Servire tiepido oppure a temperatura ambiente.

Pitta di patate

La pitta di patate è una torta salata rustica salentina, tipica della provincia di Lecce. Deliziosa da consumare tiepida, meglio ancora se lasciata raffreddare per compattare ed amalgamare i sapori dei diversi ingredienti, e servita come piatto unico oppure in un buffet.

Il suo nome pare sia dovuto al fatto che in origine la torta venisse pittata, cioè decorata.

Nei miei ricordi la pitta è legata indissolubilmente alle giornate trascorse al mare, tra bagni rinfrescanti e momenti di riposo sotto una profumata pineta. Ma con l’inizio della stagione calda, ovunque mi trovi, è questo uno dei piatti che preparo volentieri.

1 kg di patate
olio
formaggio grattato saporito (facoltativo)
pangrattato

Per il ripieno:
200 gr di cipolle
300 gr di pomodorini
capperi
olive nere piccole denocciolate
origano

sale
olio extra vergine d’oliva

Pelare, tagliare a tocchetti le patate e cuocerle nel microonde, in alternativa lessarle come da tradizione. Schiacciarle con una forchetta o l’apposito attrezzo e condirle con sale e olio. Deve risultare un impasto setoso e morbido.

In una padella antiaderente versare quattro cucchiai di olio e far appassire le cipolle tagliate a metà e poi a fettine sottili, aggiungere i pomodorini tagliati in quattro, una bella manciata di capperi dissalati, olive a piacere e una generosa spolverata di origano. Salare e cuocere per una decina di minuti, fare intiepidire.

In una tortiera apribile, unta di olio e spolverata di pangrattato, fare una base con metà impasto di patate e foderare anche i bordi, versare il condimento, livellarlo bene e ricoprire il tutto con il resto delle patate.

Con i rebbi di una forchetta praticare delle leggere incisioni circolari come decoro, spolverare di pangrattato e formaggio, completare con un giro d’olio.

Cuocere in forno a 180° per mezz’ora.

Brandacujun

Se il nome di questa tipica pietanza della cucina di bordo è tutto un programma, non è da meno la metodica della sua preparazione che affonda le radici nella tradizione della riviera ligure di Ponente.

Mentre la prima parte del nome, branda, è sicuramente di origine francese e deriva dal verbo brandir cioè agitare, scuotere, e da branler, oscillare, muovere con forza, la seconda è tutta italiana. Il brandacujùn, a base di patate e stoccafisso si prepara svolgendo una particolare operazione al fine di ben amalgamare gli ingredienti. La padella che li contiene, adeguatamente coperchiata, viene “brandata”, cioè scossa con energia ed accompagnata dalla frase “Branda cujun! Branda che ciu ti u brandi, ciu u l’é bon!“, per tradizione svolta da uomini che si aiutavano nello scuotere la pentola con il bacino, e qui deriva la seconda parte del nome.

Oggi questo piatto viene cucinato in Liguria come in Provenza, Brandade de murue, per approdare in Spagna nella versione Brandada de bacalao.

Gli ingredienti di base sono pochi, la preparazione semplice e la resa una vera bontà. Lo trovo ottimo servito a temperatura ambiente come antipasto, oppure tiepido come secondo piatto.

Abbinamenti di-Vini: in accompagnamento a questa ricetta vi suggerisco un Vermentino Doc riviera Ligure di Ponente, un vitigno del territorio allevato su terreni perlopiù argillosi che danno al vino un profumo delicato, fruttato e con note erbacee; e dal sapore sapido e armonico.

Ingredienti per 4 persone

700 gr di stoccafisso, o baccalà già ammollato
500 gr di patate
1 spicchio d’aglio
1 mazzetto di prezzemolo fresco
30 gr di pinoli

1/2 bicchiere di Olio extravergine d’oliva, possibilmente di olive taggiasche
sale

Tagliare il pesce a pezzi e porlo in una padella dal bordo abbastanza alto dove sarà già stato imbiondito l’aglio con l’olio.

A parte sbucciare e tagliare a cubetti le patate, lessarle.

Quando il pesce inizia a sfaldarsi, dopo circa 20 minuti, aggiungere le patate e se necessario un pò di acqua calda, salare e mettere il coperchio.

Iniziare a brandare, scuotere la padella ogni tanto e controllare che gli ingredienti si amalgamino senza spappolarsi completamente. Ci vorranno altri 15 minuti.

Nel frattempo tostare i pinoli e tritare tanto prezzemolo.

A cottura ultimata aggiungere i pinoli ed il prezzemolo, lasciare intiepidire o raffreddare e servire con un giro d’olio.

Nakhot – Curry di Ceci

Il Club del 27 questo mese prende spunto dal libro di ricette Parwana di Durkhanai Ayubi, una profuga afgana (ai tempi della guerra fredda nel 1985) che ha aperto un ristorante in Australia e lo gestisce con la sua famiglia. Il nome Parwana, cioè farfalla, è simbolo di libertà e di quella leggerezza inseguita e raggiunta a prezzo di enormi sacrifici. Non si parla solo di ricette ma anche di storie familiari che si intrecciano con i profumi di una cucina afgana saporita e speziata, mai eccessivamente piccante. Nigella Lawson di questo libro scrive: “è più di un’elegia, è una celebrazione: le ricette che contiene sono piene di colore, sapore e vita. È gratificante cucinare quanto leggere…”

Ho scelto di preparare un piatto a base di ceci, i legumi sono una componente chiave della cucina afgana, questo è un curry di ceci semplice e rustico che viene accompagnato con riso palaw (si sbollenta il riso e si cuoce in un forno con olio, burro e sale, con questo metodo rimane morbido con ogni grano separato) oppure con nann (letteralmente pane, è una sorta di focaccia sottile e ovale di farina di grano bianca e ricoperta di semi di papavero, sesamo, nigella).

Se usate i ceci secchi considerate i tempi di ammollo e cottura.

Dosi per 4 persone

400 gr di ceci cotti
2 cipolle dorate grandi
2 spicchi di aglio
2 cucchiai di curry
1 cucchiaino di chaar masalah*
1 cucchiaino di zucchero bianco
3 foglie di alloro
4 pomodori perini grandi
1 cucchiaio di aceto bianco
Olio extra vergine d’oliva
Acqua bollente
Sale
Prezzemolo fresco

Scaldare l’olio in una casseruola media e soffriggere la cipolla e l’aglio per 3-4 minuti sino a doratura.

Aggiungere le spezie, lo zucchero, le foglie di alloro e sale; cuocere 3 minuti mescolando per tostare bene le spezie.

Unire i pomodori frullati e l’aceto, portare a bollore, quindi abbassare la fiamma a fuoco medio e cuocere a fuoco lento per 15 minuti. La salsa si deve addensare e prendere colore, se necessario aggiungere acqua bollente e finire di cuocere.

Unire i ceci cotti e riportare a ebollizione. A fuoco medio, coprire con un coperchio e cuocere per 5 minuti, in modo che si scaldino e assorbano i sapori della salsa.

Impiattare e cospargere di prezzemolo, servire tiepido.

*Chaar Masalah è una miscela di spezie composta da cardamomo verde e nero, cumino, pepe nero, cannella, chiodi di garofano, usato come base aromatica per molti piatti diversi. Rispetto a quella di alcuni dei suoi vicini dell’Asia meridionale, la cucina afgana è più mite e il peperoncino viene generalmente aggiunto fresco a piacere, piuttosto che essere usato in polvere in un mix di spezie.

La ricetta del chaar masalah qui è quella utilizzata a Parwana e viene citata nelle ricette del libro. La scelta e la proporzione delle spezie nella miscela è stata affinata negli anni per creare un delicato equilibrio di calore, sapore e fragranza, progettato per esaltare le migliori qualità naturali degli ingredienti a cui viene aggiunto – ma può naturalmente essere adattato ai propri gusti.

1 tazza “Quattro spezie”

4 bastoncini di cannella
8 foglie di alloro essiccate
7 baccelli di cardamomo marroni
1 e 1/2 baccelli di cardamomo verde
1 e 1/2 cucchiaio di semi di cumino
2 cucchiai di semi di coriandolo
2 cucchiaini di chiodi di garofano

Arrostire a secco tutti gli ingredienti in una padella antiaderente a fuoco basso per 3 minuti, o finché non saranno fragranti. Scuotere spesso la padella in modo che non si brucino. Mettere da parte a raffreddare completamente.

Una volta raffreddato, trasferirlo in un macinino per spezie o in un mortaio con pestello e macinare fino a ottenere una polvere fine.

Conservare il chaar masalah in un barattolo ben chiuso, dove si conserva fino a 6 mesi. La potenza del mix corrisponde alla sua freschezza, quindi è meglio usarlo entro poche settimane dalla produzione.

Nakhot – chickpeas curry

400 g (2 cups) dried chickpeas
250 ml (1 cup) sunflower oil
1 large brown onion, finely diced
2 garlic cloves, crushed
2 teaspoons curry powder
1 teaspoon chaar masalah
1 teaspoon white sugar
3 dried bay leaves
4 large tomatoes, puréed in a blender
1 tablespoon white vinegar
250 ml (1 cup) boiling water
Fresh parsley leaves, coarsely chopped, to serve
To soak the chickpeas, cover them with at least 5 cm (2 in) cold water in a bowl and set aside for at least 8 hours. The chickpeas will expand as they soak up the water, so you will need a bowl large enough to accommodate this.
Heat the oil in a medium saucepan over high heat and fry the onion and garlic for 3–4 minutes, or until light golden. Add the spices, salt, sugar, bay leaves and 1 teaspoon salt (or to taste), and cook, stirring occasionally, for 3 minutes, or until fragrant. Stir in the tomato and vinegar, bring to the boil, then reduce the heat to medium and simmer for 10 minutes, or until the sauce thickens and deepens in colour, and the oil rises to the surface. Add the boiling water to the sauce and stir to combine. Increase the heat to high and bring to the boil. Cook for 3 minutes, or until the sauce thickens slightly again.
Drain the chickpeas, rinse in cold water and drain again. Add the chickpeas and 2 litres (8 cups) cold water to a medium saucepan, and bring to the boil. Reduce the heat to medium, cover with a lid and cook for 35 minutes, or until they have softened, but still retain their shape.
Drain the chickpeas in a colander, discarding the water, then add them to the sauce and simmer over medium heat for 5 minutes, to heat through and to absorb the flavours of the sauce.
Sprinkle with parsley and serve alongside your preferred rice dish or simply with some naan.

Chaar Masalah

MAKE 1 CUP ‘FOUR SPICES’
4 cinnamon sticks
8 dried bay leaves
7 brown cardamom pods
1½ tablespoons green cardamom pods
1½ tablespoons cumin seeds
2 tablespoons coriander seeds
2 teaspoons cloves
Dry-roast all the ingredients in a non-stick frying pan over low heat for 3 minutes, or until fragrant. Keep a close eye on them and shake the pan frequently so they don’t burn. Set aside to cool completely.
Once cooled, transfer to a spice grinder or mortar and pestle, and grind to a fine powder.
Store chaar masalah in a tightly sealed jar, where it will keep for up to 6 months. But note that the potency of the mix corresponds to its freshness, so it’s best used within a few weeks of being made. 

Strudel Altoatesino

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Ho passato parte della mia infanzia in Alto Adige e tra mille ricordi emerge quello di una mia zia nell’atto di tirare una grande sfoglia di pasta su un canovaccio lindo. La vedo ancora, con gli occhi della memoria, in mezzo ad una nuvola di farina, avvolgere con delicatezza un impasto di mele che poco dopo in forno avrebbe sprigionato un profumo che ancora mi par di sentire mentre scrivo. Stava preparando uno strudel, per la precisione, uno strudel altoatesino.

La differenza sta proprio nella pasta che, contrariamente a quello trentino, non è pasta sfoglia.

Ebbene, tornando al presente, e girando tra i banchi di una fiera, ho avuto modo di acquistare delle mele da un produttore meranese. Si tratta della varietà Topaz che, mi è stato riferito, è proprio quella che si usa maggiormente per questo strudel poiché ha la giusta dolcezza ed è farinosa quanto basta.

Ed ecco come un semplice acquisto mi ha riportata indietro nel tempo e, una volta tornata a casa, fatto preparare questo dolce. Questa è la storia, dove i ricordi legati ai bei momenti non devono mai rimanere sopiti ma far parte della nostre giornate sempre.

Ricondivido con piacere questo momento e la ricetta per la Gn dello strudel del Calendario del Cibo Italiano.

Per la pasta

250 g farina 0
2 cucchiai di olio
7 cucchiai di acqua circa
1 uovo
1 presa di sale

Per il ripieno

1 k di mele varietà Topaz
100 g di pangrattato
70 g di zucchero
40 g di uvetta
burro
cannella

zucchero a velo

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Impastare farina, uovo, sale ed olio aggiungendo acqua quanto basta per ottenere un panetto morbido. Lavorare qualche minuto la pasta, deve risultare setosa ed omogenea. Formare una palla e avvolgerla nella pellicola alimentare, lasciare riposare per una mezz’ora.

Sbucciare le mele, affettarle sottilmente ed amalgamarle delicatamente insieme ad uvetta, zucchero, cannella e pangrattato fatto dorare precedentemente in un padellino con una noce di burro.

Accendere il forno a 180° modalità statica.

Riprendere la pasta e su un foglio di carta-forno infarinato stenderla sottilmente nella misura di 30×40 cm circa.

Spalmare su tutta l’area il burro fuso e stendere al centro, per la lunghezza, il ripieno.

Con l’aiuto della carta-forno ripiegare i due lati lunghi di pasta uno sull’altro creando un rotolo, sigillare bene i lati corti e spennellare tutta la superficie di burro fuso.

Infornare per almeno 20/25 minuti.

Servire tiepido con una bella spolverata di zucchero a velo.

Pillola socratica 😉

Continua a leggere “Strudel Altoatesino”

Crescia sfogliata di Urbino


Tra storia, si narra che la crescia fosse presente sulla tavola dei Duchi di Urbino nel XV secolo, e leggenda, vi presento la “piadina dei ricchi” perchè l’impasto è preparato con uova e pepe, pregiatissima spezia a quell’epoca.

Questo delizioso contenitore si farcisce con salumi e formaggi tipici del territorio ed arricchito da erbe di campo saltate in padella. Sono però ammesse varianti e quanto la fantasia può suggerire, il risultato è sempre ottimo. Inoltre si conservava senza difficoltà, è sufficiente riscaldarla per ritrovarne tutto il suo sapore.

Anche Giovanni Pascoli, a trent’anni di distanza, ricordando con nostalgia gli anni passati ad Urbino ne cita la bontà scrivendo così: “Son più di trent’anni che non vedo Urbino, e la vedo sempre! non m’è uscito di mente nulla, nemmeno la Baciocca dove ci facevamo fare le cresce!” (lettera a Marchigiani, 28 gennaio 1903).

Passiamo alla ricetta, anzi no, prima vi racconto anche la leggenda che narra di quando il sole si abbassò più del solito, perchè attratto dalla bellezza della città di Urbino, e rimanendo impigliato ad una delle torri del Palazzo Ducale cercò di liberarsi facendo cadere scintille dorate. Tutto questo fu notato da una giovane fornaia che, volendo realizzare qualcosa che esprimesse il desiderio di libertà e la voglia di volare alto come il sole, creò la crescia.

dosi per 6 cresce di 26 cm di diametro

500 gr farina 0
200 gr acqua
90 gr strutto + 40 gr per la sfogliatura
5 gr sale
2 uova
pepe nero macinato al momento

Su una spianatoia impastare la farina con lo strutto, il sale e tanto pepe.

Aggiungere le uova, l’acqua e lavorare bene l’impasto sino a che non diventa liscio e morbido.

Dividerlo in 6 palline e farle riposare almeno per 30 minuti.

Stendere ogni pallina della larghezza di circa 26 cm di diametro e ricoprirla con un velo di strutto, arrotolarla su se stessa per creare una chiocciola (vedi foto)

Disporre le chiocciole su una teglia ricoperta di carta forno e lasciarle riposare in frigo per 30 minuti.

Preparare le piastre o padelle antiaderenti, e scaldarle.

Stendere ogni chiocciola con il mattarello creando un disco di 26 cm di diametro e cuocerle da entrambi i lati. Faranno delle deliziose bolle che si abbrustoliranno.

Farcirle a piacimento, io questa volta le ho gustate con un ripieno di crescenza, speck e zucchine grigliate.

Ossobuco con gremolada e risotto giallo

Il piatto di oggi è decisamente sontuoso e molto milanese: l’ossobuco con la gremolata, servito tipicamente col risotto allo zafferano.

Era la pietanza domenicale delle famiglie borghesi citata già alla fine dell’ottocento da Pellegrino Artusi; oggi è uno dei dieci piatti di Milano riconosciuti De.Co. (Denominazione Comunale).

L’ òss bus con la gremolà (in lingua meneghina) accompagnato dal risotto, diviene un piatto completo da gustare con un bel bicchiere di vino rosso, io ho scelto una Bonarda dell’Oltrepò pavese ed in fondo alla ricetta vi spiego il perchè.

Per 4 porzioni

4 ossibuchi di vitello (circa 300 gr l’uno)
1 cipolla media
1 carota piccola
1 costa di sedano
1 pomodoro piccolo e maturo
1 spicchio d’aglio
1 acciuga
1 ciuffo di prezzemolo
Buccia grattugiata di 1 limone bio
Farina
1 bicchiere di vino bianco
secco
3 dl di brodo vegetale
70 gr di burro
sale

per preparare il risotto cliccate qui: Risotto alla milanese

Togliere il grasso alla carne ed inciderla (così in cottura non si arriccia), salarla ed infarinarla. In un tegame sciogliere metà del burro in dotazione e farvi rosolare cipolla, carota e sedano tritati finemente. Quando le verdure sono pronte, toglierle e tenerle da parte. Nella stessa padella ora adagiarvi la carne e rosolarla col resto del burro, aggiungere le verdure e sfumare il tutto con il vino. Far evaporar bene, aggiungere il brodo caldo, il pomodoro tritato e cuocere per circa 90 minuti a fuoco dolce e col coperchio. Girare la carne ogni tanto e se necessario aggiungere altro brodo.

Nel frattempo preparare la gremolada: tritare il prezzemolo con aglio e acciuga. Al trito ottenuto aggiungere la buccia grattugiata del limone.

Preparate il risotto allo zafferano; a cottura ultimata della carne, togliere dalla padella gli ossibuchi (tenerli in caldo), nel fondo di cottura versare la gremolada e mescolare bene per un minuto.

Impiattare il risotto con sopra l’ossobuco ed il suo intingolo, c’è chi lo preferisce messo a lato ma deve essere comunque servito nello stesso piatto.

Abbinamenti di-Vini

Trattandosi di un piatto strutturato e dai sapori intensi lo abbino ad una Bonarda dell’Oltrepò Pavese, vino giovane dal gusto fresco e ricco di polifenoli, in particolare il tannino la cui proprietà sgrassante contribuisce a pulire il palato. Da non confondere con quella piemontese, questo vino è ottenuto dalle uve Croatina, un vitigno a bacca nera conosciuto anche come Croata, Croattina, Crovattina/o, Crovettina, Uga del zio, Neretto, Uva Vermiglia, Nebbiolo di Gattinara e Bonarda di Rovescala.

Purceddhruzzi o Purcidduzzi pugliesi

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In Puglia sono i Purceddhruzzi o Purcidduzzi, in Campania li chiamano Struffoli mentre in Calabria è la Pignolata. Il procedimento varia di poco, si utilizza l’olio al posto del burro e non vi sono le uova, in compenso sono accomunati dalla bontà. Uno tira l’altro, anche perchè sono appicicosetti e per colpa del miele siamo obbligati a prenderne più di uno alla volta 😉

Solitamente si preparano per le festività natalizie ma anche a Carnevale, preparati in anticipo si possono conservare a temperatura ambiente per più giorni.

500 g di farina 0
100 ml di olio extravergine di oliva
1/2 bustina di lievito per dolci
100 ml di vino bianco oppure di alcol buongusto
3 mandarini
un pizzico di sale
olio per friggere
miele
zucchero semolato
mandorle
cioccolato fondente

Sulla spianatoia versare la farina setacciata con il lievito, unire l’olio, il vino bianco, il sale ed infine il succo dei mandarini. Amalgamare il tutto molto bene, si dovrà ottenere un impasto liscio e setoso, lasciare riposare per un’ora.

Dividere la pasta in più parti e formare dei rotolini di circa un centimetro di diametro, tagliare con un coltello in piccoli pezzi da un centimetro.

Mettere sul fuoco un pentolino con l’olio e portarlo a temperatura; per questa operazione io faccio la prova stuzzicadenti, lo immergo e se frigge vuol dire che è pronto. Tuffare pochi purceddhruzzi alla volta, girarli delicatamente e porli sulla carta assorbente appena diventano dorati.

In una padella versare abbondante miele, quando inizia a schiumare versare un cucchiaio di zucchero e un pochino di acqua. Mescolare per bene finché non sarà tutto sciolto, liquido e senza schiuma. A questo punto versare dentro i purceddhruzzi e mescolare molto delicatamente in modo da far attaccare bene il miele.

Disporli su un vassoio dando loro una forma a cupola e decorare come più vi piace, codette colorate, zuccherini, canditi. Oppure fate come me che ho tritato mandorle e cioccolato fondente in parti uguali.

Gn degli struffoli e della pignolata per il Calendario del cibo italiano